ALLA BUON’ORA, JEEVES!
Romanzo di P.G.Wodehouse, Sellerio, Palermo, 2024
LA STORIA
Bertie Wooster, uno snob aristocratico appartenente all’upper class inglese, si impegna con zelo in due missioni: far riconciliare la cugina Angela Travers con il fidanzato Hildebrand (“Tuppy”) Glossop e aiutare il suo vecchio e timido compagno di scuola Augustus (“Gussy”) Fink-Nottle a dichiararsi a Madeline Bassett, la donna di cui è innamorato. Peccato che Bertie sia un gran pasticcione, un “asino” o un “Attila” secondo le parole di sua zia Dahlia, un’amante della caccia che ha una grande tenuta in campagna dove si svolge gran parte della vicenda. Così, pur animato dalle migliori intenzioni, un po’ per la sua inettitudine, un po’ per gli eventi del destino, Bertie dà luogo a una catena di guai e di fraintendimenti. Meno male che c’è Jeeves, il suo maggiordomo, che con ineccepibile acume privo di ostentazione sbroglia le situazioni e rimette come sempre le cose a posto. Così la lite tra Angela e Tuppy, nata su una questione di identità tra squali e sgombri, viene sanata e il loro fidanzamento ripristinato, mentre a Gussy, il timido e goffo corteggiatore che alleva tritoni, viene finalmente data l’occasione di dichiararsi a Madeline Bassett.
Bertie si trova ad essere il motore inconsapevole di tutta una serie di episodi che generano un umorismo quasi surreale. Tra tutti, il dialogo che vede protagonisti Bertie e Madeline Bassett dove Bertie, che ha l’intento di perorare la causa dell’amico Gussy, si annoda in una serie di equivoci e malintesi per cui la ragazza ha la convinzione che il suo interlocutore sia innamorato di lei.
Lo sfondo della vicenda è la società aristocratica inglese degli anni venti del secolo scorso, con i suoi cuochi francesi, la passione per la caccia, il formale cambio di abito per la cena, ritratta in una chiave umoristica che ci fa divertire e guardare con simpatia alle frivolezze e alle incongruenze dei protagonisti della storia.
DAL TESTO
“Sì, Jeeves?”, ho ripetuto. “C’è qualcosa che ti turba, Jeeves?”.
“Temo che per errore sia venuto via da Cannes portando con sé la giacca di qualcun altro, signore”.
Il bagliore d’acciaio si è fatto più intenso.
“No, Jeeves”, ho detto, con voce neutra, “il capo a cui ti riferisci è mio. L’ho comprato là”.
“E l’ha indossato, signore?”.
“Tutte le sere”.
“Ma non avrà certo intenzione di indossarlo in Inghilterra, signore”.
Ho capito che eravamo arrivati al nocciolo.
“Sì, Jeeves”.
“Ma signore…”.
“Dicevi, Jeeves?”.
“E’ inadeguato, signore”.
“Non sono d’accordo con te, Jeeves. Prevedo che questa giacca avrà un gran successo. E’ mia intenzione svelarla al pubblico domani alla festa di compleanno di Pongo Twistleton , dove confido e mi aspetto che sortirà un effetto sensazionale. Non ribattere, Jeeves. Qualunque fantasiosa ostilità ti possa aver suscitato, io questa giacca me la metterò. Punto. Fine della discussione”.
“Molto bene, signore”.
[…]
Per stazza e muso, Tuppy in qualche modo somiglia a un bulldog, e la sua espressione al momento era quella di uno di quei begli animali a cui è appena stata negata una fetta di torta. Non è stato difficile per un uomo del mio acume leggere cosa gli passasse per la testa, e non mi sono stupito, dunque, che le sue parole avessero a che fare con l’argomento sottolineato nella lista delle cose da fare.
“Avrai saputo della mia storia, vero? Di Angela, dico”. “Sicuro, Tuppy, vecchio mio”. “Ci siamo lasciati”.

“Lo so. Qualche piccolo dissenso, se ho capito bene, per via dello squalo di Angela”.
“Sì. Le ho detto che doveva essere un rombo”.
“Così mi ha detto il mio informatore”.
“Da chi l’hai saputo?”.
“Da zia Dahlia”.
“Immagino che mi abbia coperto di insulti”.
“Oh, no. A un certo punto si è riferita a te come quel maledetto Glossop, ma per il resto è stata straordinariamente moderata nel linguaggio per essere una donna che andava a caccia regolarmente”.
ALCUNE RIFLESSIONI
La trama del romanzo è complessa, in puro stile Wodehousiano, ricca di episodi improbabili che rasentano l’assurdo. L’umorismo nasce non solo dalle situazioni in se stesse, ma anche dall’aristocratico distacco tipicamente British con cui vengono rappresentate. Lo scrittore Wodehouse siede in platea e osserva divertito i suoi personaggi muoversi sulla scena, con i loro qui pro quo, le stravaganze e i pasticci da cui li salva l’impareggiabile Jeeves. Vera essenza del maggiordomo inglese efficiente e inappuntabile, Jeeves conosce bene il suo padrone Bertie Wooster, sa quali sono i suoi limiti e le sue incongruità, cerca di consigliarlo senza ostacolarlo. Solo quando i guai si accumulano e la situazione diventa catastrofica entra in campo agendo da deus ex machina, seppure sempre senza dare nell’occhio, e ogni cosa si risolve per il meglio.
La prosa è vivace e serrata, ricca di divertenti immagini ad effetto, i dialoghi, dove gli interlocutori si confrontano su temi per noi assurdi ma per loro assolutamente importanti, brillano di un umorismo fine e mai sguaiato.
L’AUTORE
P.G. Wodehouse (1881-1975), nato a Guildford, ridente cittadina del Surrey (GB), è considerato il più importante autore umoristico inglese del Novecento. Ha scritto più di novanta romanzi, tutti caratterizzati da un infallibile e ben oliato meccanismo narra
tivo e da una trama divertente e ricca di colpi di scena.
Wodehouse rimane famoso soprattutto per i suoi racconti della serie di Jeeves e di quelli del ciclo del Castello di Blandings.

