IL SOGNO DEL PESCATORE
IL SOGNO DEL PESCATORE
di Hemley Boum, edizioni e/o, Roma, 2025
traduzione dal francese di Alberto Bracci Testasecca
LA STORIA
Zacharias, il Pescatore, vive a Campo, un piccolo villaggio del Camerun sulla costa dell’oceano. Anche suo padre come tutti gli uomini della famiglia era pescatore, prima che l’oceano lo inghiottisse. Zacharias ha una moglie , Yalana, e due figlie ancora piccole, Dorothée e Myriam, conduce con loro una vita senz’altro dura, faticosa, ma serena. Hanno tutto ciò che occorre, il pesce che procura Zacharias uscendo in mare con la sua piroga, le verdure che coltiva e raccoglie Yalana nei campi. Il loro mondo semplice, povero, ma pieno di armonia e di amore, viene infranto dall’arrivo sul territorio di una grossa azienda per lo sfruttamento forestale. I nuovi venuti allettano gli uomini del villaggio con false promesse e con il miraggio di un’esistenza migliore e più comoda. Anche Zacharias, come gli altri pescatori, cade nel tranello, abbandona le tradizioni di vita e di lavoro per l’idea di un benessere che non si realizzerà mai. L’uomo si indebita, ruba, precipita sempre più in basso fino alla rovina completa per sé e per la sua famiglia. In seguito alla catastrofe familiare la figlia adolescente Dorothée fugge. La ritroviamo nella capitale Douala dove vive, giovane donna sola, fragile e smarrita, in uno dei quartieri più miserabili della città con il bambino avuto da uno dei tanti uomini con cui è costretta a prostituirsi. L’amore e la cura che la giovane madre ha per suo figlio, il quale porta lo stesso nome del nonno, Zacharias, ma che tutti chiamano Piccolo Pa’, non bastano a rendere accettabile un’ esistenza che è poverissima, precaria, senza futuro. Quando Piccolo Pa’, terminati gli studi nella scuola locale, ha l’inaspettata opportunità di andare a studiare in Francia a Parigi non esita ad afferrare l’ occasione e abbandona la madre , gli amici più cari, tutto il suo mondo per iniziare una nuova vita. Nella nuova patria, dopo la laurea, lavora come psicologo clinico, si sposa e forma una famiglia. All’inizio è entusiasta della società in cui ha scelto di vivere, non pensa più al passato, troppo doloroso da ricordare perché i suoi ricordi sono misti al senso di colpa. Pian piano si accorge però che il suo nuovo ambiente così perfetto, così educato, apparentemente pieno di opportunità per tutti, nasconde dietro la facciata delle crepe di violenza, di pregiudizio, di esclusione razziale.
Una lettera inaspettata che lo richiama con urgenza in Camerun lo farà tornare in patria, al villaggio sull’oceano dove ha vissuto il nonno e dove tutta la storia familiare ha avuto inizio. Qui, confrontandosi con le sue origini, ricostruirà la sua identità perduta, ritroverà se stesso e il suo orgoglio razziale.
DAL TESTO
Il pescatore non vedeva più i paesaggi straordinari in cui viveva. L’interpretazione mistica degli stessi e i miti che di generazione in generazione trasmettevano gli avvertimenti erano una magia che faceva parte di lui, scontata quanto i battiti del cuore che non sentiva. Stava in piedi sulla barca. Le gambe leggermente divaricate, il bilanciamento delle braccia, l’angolo perfetto del corpo piegato in avanti: tutto in lui era perfettamente equilibrato. A ogni movimento dei muscoli delle braccia che tenevano la pagaia faceva eco la scioltezza delle gambe, piantate in modo da sposare il movimento dell’acqua e lasciar salire in lui l’impercettibile tremito del legno di padouk nei flutti misteriosi e senza fondo dell’oceano.
[…]
Zacharias introdusse nella loro quotidianità oggetti nuovi, cose di cui fino ad allora avevano fatto tranquillamente a meno.La piroga era il mezzo di trasporto tradizionale dei pescatori e Yalana non capì perché Zacharias avesse voluto comprare una moto per andare da Campo a Kribi. Dato lo stato deplorevole in cui versava la strada, il vantaggio non era garantito né in termini di tempo né in termini di accessibilità, tuttavia non disse niente. Il giorno in cui il marito tornò a casa in sella alla motocicletta lo sguardo gli brillava esattamente come quello delle bambine quando portava loro una di quelle strane bambole dai capelli lunghi e biondi o un cartoccio di dolciumi assortiti.
[…]
Mi chiamava Piccolo Pa’, diminutivo di Piccolo Padre, perché avevo lo stesso nome di suo padre, Zacharias.
“Gli somigli tantissimo” sorrideva mentre mi tagliava i capelli, più o meno gli unici momenti della nostra vita in cui mi toccava, sempre con delicatezza. “Era bello, sai, e tu hai la sua stessa fronte ampia. Mia madre diceva che aveva la fronte piena di intelligenza”. A parte che in quei momenti, non diceva altro su quel padre e quella madre di cui non parlava mai e sui quali non osavo farle domane.
[…]
Non avevo idea del valore dei soldi in Francia, convertivo i prezzi in franchi CFA e mi sembravano altissimi. D’altra parte il fatto di possedere una grossa somma mi rendeva euforico. E il centro commerciale…Non avevo mai visto niente del genere in vita mia, le luci, la musica, i negozi, la gente: era esattamente la visione che avevo della Francia, il lusso democraticamente offerto a tutti. […] Pensavo che bastasse decidere di essere felici e andare avanti perché il passato scomparisse come per magia e la vita tornasse a essere una pagina bianca. Suppongo che da qualche parte all’inferno il diavolo stia ancora ridendo della mia ingenuità.
[…]
Non si trattava del modo in cui mi adeguavo alla difficoltà di essere nero in Francia né della mia storia né dei miei compromessi più o meno sani con la realtà. Era troppo tardi per fare l’elenco delle cose che mi meravigliavano, troppo tardi per lo stordimento di un nuovo inizio. Non potevo tornare sulla mia infinita sensazione di gratitudine senza avere l’impressione di tradire il ragazzo che aveva preso l’aereo, poi il treno, poi l’autobus per la prima volta in vita sua spalancando occhi e bocca per lo stupore davanti a tutto ciò che vedeva. Mi ero rinnegato talmente spesso che, un po’ assurdamente, la lealtà verso quel primo entusiasmo mi sembrava fondamentale. La Francia mi aveva dato la donna che amavo e le mie preziose figlie, tante vite in una, quindi che importanza potevano avere le mancanze, la violenza latente o il rifiuto? Ogni regalo presuppone qualcosa in cambio.
ALCUNE RIFLESSIONI
Le vicende di tre generazioni si intrecciano dando vita ad una trama fitta di eventi e variegata negli stati d’animo e nei sentimenti. Amore, smarrimento, speranza, disinganno, esaltazione, sconforto si accavallano nell’animo dei protagonisti come si susseguono e si mescolano le onde del grande oceano che fa da cornice alle storie umane.
Il tradimento e l’aspetto migratorio sono i due fulcri principali della vicenda. Nelle pagine del romanzo Zacharias è spesso chiamato il Pescatore, scritto con la P maiuscola, e questo particolare gli conferisce una statura epica. Ha infatti una figura maestosa mentre, in piedi sulla sua piroga bilanciando il corpo in perfetto equilibrio, conduce con destrezza l’imbarcazione nelle acque capricciose dell’oceano per procurare il sostentamento alla famiglia. Il Pescatore Zacharias, nella prima fase della storia, è una creatura rousseauiana, pura, incontaminata come la natura di cui fa parte, come l’oceano e l’entroterra di campi e di foreste. E’ appagato dal suo mondo povero ma perfetto, dal suo lavoro, dall’amore della moglie e delle figlie. I nuovi arrivati sul territorio fanno subdolamente intravedere agli abitanti del villaggio un benessere a loro sconosciuto e ancora più attraente. Anche Zacharias, come gli altri uomini, ne viene abbacinato e nel sogno di offrire un’esistenza migliore alla famiglia consuma il suo tradimento. Rinnega il suo stile di vita frugale ma solido, abbandona le tradizioni dei suoi antenati per adeguarsi agli standard di lavoro di persone avide e senza scrupoli. Lui che è sempre stato libero e padrone della sua vita diventa sottoposto a padroni che lo sfruttano.
Un tradimento diverso nelle circostanze ma uguale nella sostanza è quello del nipote del pescatore Zacharias , ossia Piccolo Pa’. Per sfuggire a una difficile esistenza in Camerun tradisce gli affetti , abbandonando senza voltarsi indietro la madre a cui vuole comunque bene, la ragazza di cui è innamorato, l’amico fedele che non ha il coraggio di aiutare nel pericolo. Si crea una nuova vita nella patria di adozione dove, come spesso accade ai migranti, cerca di integrarsi godendo dei benefici offerti dalla società che lo accoglie accettandone però anche i compromessi. Nella decisione di tagliare i ponti con la vita precedente modifica il suo nome, che è lo stesso del nonno, trasformando Zacharias in Zackary. Non volendo rivelare niente del suo passato e nel desiderio di essere accettato nella nuova patria, di cui percepisce comunque, ammantato di iporisia, il sottile veleno della discriminazione razziale, si destreggia continuamente tra bugie e menzogne, in un pericoloso gioco di equilibrismi. Tradendo se stesso e le sue origini Zachary rischia di mandare in frantumi il sogno di una vita serena e armonica a lungo inseguito. Ma a differenza del nonno riuscirà a salvarsi, ritrovando la propria identità.
Un romanzo possente ed epico, una saga familiare che ci trasporta nell’arco di sessanta anni da un piccolo villaggio lambito dall’oceano con le sue tradizioni e i suoi riti antichi ad una grande metropoli con la sua modernità e i suoi compromessi. Un linguaggio realistico e poetico al tempo stesso che ci rende emotivamente partecipi delle vicende narrate.
L’AUTRICE
Hemley Boum ( n.1973) è una scrittrice del Camerun residente a Parigi.
Ha vinto diversi premi letterari, tra cui il Gran premio letterario dell’Africa nera con Le Maquisard
s nel 2015 e ilpremio Ahmadou Kourouma con Les jours viennent et passent nel 2019.